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mercoledì 14 marzo 2012

Jack Frusciante è uscito dal gruppo - Enrico Brizzi 1994


Un'incontenibile insofferenza agli avvertimenti astiosi dei professori e alle prediche di genitori barricati di fronte alla televisione, l'orrore di sacrificare un presente libero e felice per un futuro da piccoloborghese addestrato a dire si,ma soprattutto una disperata energia nel pedalare su per i tornanti che dal centro di Bologna portano alla collina dove abita una ragazza diversa da ogni altra. Questo è il "vecchio" Alex, diciassettenne tenero e incazzato, inquieto e romantico, che in rotta con una società miope e appagata, allo studio di Catullo preferisce il sincero furore di Clash e Sex Pistols.
Nel volgere di una primavera cruciale, Alex smette i panni dello studente docile e volenteroso e scopre il fascino leggiadro di Aidi, ma anche lo stupore di riconoscere in Martino, idolo tossico del liceo Caimani, il suo stesso irresistibile istinto a ribellarsi e a togliersi di mezzo. E di farlo alla maniera del chitarrista Frusciante, senza grandi gesti, voltando le spalle a tutti in nome di una singolare ma umanissima richiesta di autenticità.
Lascia stupefatti la capacità di Brizzi di fondere ironia e rabbia in una storia fresca e intensa, divenuta lettura di culto di un'intera generazione perchè sa raccontare, con voce nuova e senza filtri, gli smarrimenti e gli ardori che da sempre nutrono l'adolescenza.


NOTE A MARGINE


9
...e in quei giorni il cielo di Bologna era espressivo come un blocco di ghisa sorda...
29
Perchè lei ha un altro passato, un altro alfabeto, altre rime la fanno sorridere.
42
Dall'archivio magnetico del Signor Alex D. Alla fine, l'equilibrio interiore non è da cercare. Forse ce l'abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne allontaniamo. Il fatto è che a parlare di equilibrio interiore mi sento un povero stronzo. Mi sembra uno di quei termini che usano nelle sedute di psicoanalisi liberatoria collettiva o nei rifugi per donne violentate. Okay. Tutto mi dice di essere forte, determinato negli scopi, capace di andare avanti nella Vita, ma se uno sente che è arrivato il momento di cambiare un po' rotta o anche solo il bisogno di fermarsi a ragionare sul serio per proprio conto? Voglio dire: e i cazzi di sette e mezzo in latino, per esempio, che da semplici strumenti sono diventati una specie di fine ultimo?... Insomma, a quanto ne so dovrei studiare per strappare un titolo di studio che a sua volta mi permetta di strappare un buon lavoro che a sua volta mi consenta di strappare abbastanza soldi per strappare una qualche cavolo di serenità tutta guerreggiata e ferita e massacrata dagli sforzi inauditi per raggiungerla. Cioè, uno dei fini ultimi è questa cavolo di serenità martoriata. Il ragionamento è così. Non ci vuole un genio. E allora, perchè dovrei sacrificare i momenti di serenità che mi vengono incontro spontaneamente lungo la strada? Perchè dovrei buttarli in un pozzo, se fanno parte anche loro del fine a cui tendere? Se un pomeriggio posso andare a suonare o uscire con una ragazza che mi piace, perchè cavolo devo starmene in casa a trascrivere le versioni dal traduttore o far finta di leggere il sunto di filosofia? La realtà è che mi trovo costretto a sacrificare il me diciassettenne felice di oggi pomeriggio a un eventuale me stesso calvo o sovrappeso, cinquantenne soddisfatto, che apre la porta del garage col comando a distanza e dentro c'ha una bella macchina, una moglie che probabilmente gli fa le corna con il commercialista e due figli gemelli con i capelli a caschetto identici in tutto ai bambini nazisti della kinders. Tutti dentro il garage, magari, no. Diciamo più o meno intorno. Cioè, circondato. Dunque la domanda è: un orrore di queste proporzioni vale più del sole e del gelato di oggi pomeriggio? Più di qualunque ragazza? Più di Valentina che arrivava sorridendo all'appuntamento con diedi minuti di ritardo e una maglietta blu con dentro quel ben di Dio sorprendente?
84
...e mi sento il personaggio di un libro che non mi piace...
118
Perchè la gente non capisce, e non è nemmeno che facciano apposta: proprio non ci arrivano e basta.
150
Questo è il mio piccolo mondo felice, liceo ginnasio Caimani di Bologna, dove intreccio rapporti più o meno amichevoli, compro merenda, si controlla il mio grado di omologazione. Questo è il pollaio in cui mi insegnano a interagire con i miei simili. A stare nel gruppo, a non alzare la testa. E poi c'è lei, c'è Aidi, per cui non basta nessuna canzone, nessuna definizione, per cui spero che oggi Dio non faccia piovere.
180
Se desiderate essere accanto a qualcuno che amate, forse non ci siete già?

RECENSIONE

Un libro cult degli anni '90. Magari non tecnicamente stupendo, con uno stile un po' confuso, qualche parola in disuso ma almeno è sincero. Questa era ed è tuttora la vera adolescenza...(cit.) altro che 3MetriSopraIlCielo!

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