è di
nuovo qui la festa: ballate con me!
Esce il nuovo attesissimo album di
Jovanotti, quello della maturità. Ed è una vera sorpresa: suoni
dance e parole che arrivano dritte al cuore.
“Ho bisogno di un disco che mi piaccia
tantissimo, di un disco che sia pronto a tutto Perché mi piace, che
io sia pronto a difenderlo, che io abbia voglia di far ascoltare.
Sono pronto ad un grande successo con un disco che mi piace e sono
pronto anche a un grande rifiuto. Ma non sono pronto a un successo e
nemmeno a un insuccesso che non mi convince fino in fondo.” Con
queste parole Lorenzo Jovanotti racconta la genesi di “ORA”, il
suo disco più rivoluzionario. Era il giugno dell'anno scorso. La
dichiarazione è stata affidata alla meno rivoluzionaria di tutte le
forme di comunicazione: un libro che raccoglie l'epistolario con il
filosofo Franco Bolelli. S'intitola “VIVA TUTTO!” e tra le sue
pagine non c'è solo la storia delle canzoni di ORA. C'è la storia
di Lorenzo. Strano, il caso Jovanotti. Agli esordi, ai tempi di
“Gimme five”, era troppo facile parlare male di lui. Così facile
che in molti hanno smesso di farlo. Poi, negli anni '90, quando
Lorenzo ha iniziato a fare sul serio, è diventato troppo facile
parlare bene. Così facile che a un certo punto molti hanno smesso di
farlo. Ora che ha 44 anni, si può parlare di Lorenzo dimenticando le
etichette, pensando soltanto a quel che è: un artista vero,
irrequieto, confusionario, bulimico e per questo modernissimo.
Esplosivo e commovente anche quando è pieno di dubbi.
La crisi dei “maledetti 40 anni”
Come in quest'ultimo anno, quello della
gestazione del nuovo album. Perché la famosa crisi dei 40, “dove
la tendenza è proiettare tutto nei genitori che invecchiano e nei
figli che crescono senza trovarsi” ha colpito un po' anche lui. “Io
dove sono? Esisto in quanto padre di una bimba che sta diventando
adolescente con tutto quello che comporta? In quanto figlio di una
mamma che perde colpi e non vuole più sapere, pare, di trovare un
motivo per stare al mondo?”.
I mesi della lavorazione del disco sono stati
intensi. Teresa, la figlia di Lorenzo, ora è una ragazzina di 12
anni e sta diventando autonoma, come scrive lui. La mamma di Lorenzo
non c'è più. Se l'è portata via un'emoraggia cerebrale, dopo mesi
di ospedale. Lorenzo ha passato tanto tempo con lei tenendole la
mano, leggendole giornali e salmi della Bibbia, facendosi travolgere
dai ricordi. Scrivendo per lei le più belle pagine dell'epistolario.
E dedicandole tutto il disco.
Ma nel frattempo ha anche girato gli Stati
Uniti con il resto della famiglia, ha suonato a Central Park, a New
York, di fronte a 8000 americani dapprima incuriositi e poi
entusiasti. È andato in giro per l'Appennino con la sua moto
fuoristrada insieme con Valentino Rossi. Ha partecipato a un
laboratorio di musica d'Opera per 80 bambini. Si è perso con la
mountain bike nei boschi della sua Toscana, registrando sul suo
iPhone qualche appunto musicale “quando diventava un mantra
sincronizzato alla pedalata”. Sorrisi, ricordi, lacrime, ansia,
voglia di libertà. Esistono condizioni migliori per creare delle
canzoni? “I dischi fanno venire i nodi al pettine, io di fronte a
un disco devo spogliarmi e guardarmi dentro e vengono fuori tutti i
blocchi che ho accumulato nel periodo precedente”.
Tutto e il contrario di tutto
Il lavoro sul disco è iniziato così, da
un'intuizione coraggiosa: “In questo disco non devono esserci
canzoni che ho già scritto in vecchi dischi, nel senso di percorsi
già battuti”. Così Lorenzo si è chiuso nello studio di
registrazione della sua casa di Cortona, vicino ad Arezzo, con gli
amici di sempre (il fido bassista Saturnino in testa) lavorando come
un matto, frugando tra i suoi tormenti, registrando ore e ore di
musica fino a notte fonda, senza sapere quanto lontano avrebbe
portato quella strada. Divertendosi a mescolare “tutti i colori
possibili in quanto sound e anche a rime. Batterie elettroniche anni
80, percussioni varie, chitarre di plastica giapponesi e vecchie
Fender con l'aria vissuta, microfoni da diecimila euro e da venti
euro, analogico e digitale in convivenza amorosa e in gara tra loro a
chi offre il meglio”. Quel che ne è venuto fuori è una strepitosa
sintesi di tutto e del suo contrario. Una sintesi di Jovanotti,
insomma. Un disco scintillante, ballabilissimo, perfetto per essere
sparato in un club il venerdì sera o diffuso dagli altoparlanti di
un centro commerciale un martedì qualunque. Il segreto di Lorenzo è
anche quello di rivolgersi a nuovi collaboratori: “Credo che sia
importante cercare di lavorare con i più bravi e che più si
acquisisce esperienza, più bisogna andare a cercare gente nuova... è
proprio quando uno è bravo che ha bisogno di una mano, che ha
bisogno di cercare il confronto, di mettersi in pericolo. È una cosa
che richiede sforzo Perché a nessuno, specialmente a una persona di
successo, piace trovarsi di fronte ai propri limiti e preferisce
crearsi una corte, ma guai. Guai!”.
Meno male che c'è Francesca.
La prima persona con cui Lorenzo si è messo in
discussione è stata, come al solito, la moglie Francesca, spesso
ammessa ad ascoltare le registrazioni della notte precedente prima di
tutti gli altri. “La sua sensibilità è pazzesca sui pezzi, mi
dice cose precisissime”. Forse è proprio l'amore, il fattore meno
digitale al mondo, che ha fatto da detonatore a un album così
esplosivo.
Un buon brano per rimorchiare.
Un giorno chiave per la realizzazione del disco
è il 5 luglio, quello in cui nasce il singolo “Tutto l'amore che
ho”, ormai da settimane il più programmato dalle radio. Anche in
questo casa la descrizione di Lorenzo è illuminante: “Mi immagino
il pezzo che parte in radio mentre uno è nel traffico in macchina
che va al lavoro e il panorama dal finestrino si elettrifica e la
giornata comincia bene. Mi immagino il pezzo con davanti una pista da
ballo. È un buon pezzo anche per chi vuole rimorchiare in un club”.
Il resto è storia. Quel che c'è nel disco (15
canzoni nella versione standard, 25 in quella deluxe) lo si racconta
successivamente. Per quanto si può: l'album è un uragano di suon,
di idee, di colpi al cuore da incassare con il sorriso, muovendo il
bacino. Lorenzo ha ragione: “La musica è per forza un'esplosione
di un mondo sconosciuto, una cosa erotica, emozionale, fatta di
riscatto, di goduria, di voglia di successo, di seduzione, di voglia
di incidere sulla realtà, e bisogna essere prudenti ma sapere bene
che ci si gioca tutto. Per questo io non credo nei talent show, dal
punto di vista musicale. Un debuttante deve passare attraverso dei
fallimenti, degli errori, degli aggiustamenti di rotta e questo non
può avvenire in pubblico, Perché un fallimento di fronte a milioni
di persone può trasformarti in una persona infelice per tutta la
vita”. E invece il nuovo disco di Lorenzo è tutto il contrario di
questo: una porta aperta sul mondo. Un invito alla felicità.
IN ORA OGNI BRANO E' UN MONDO A PARTE. C'E'
QUELLO OSSESSIVO CHE INVITA A DANZARE TUTTA LA NOTTE, IL LENTO
STRAPPACUORE, IL BRANO NAIF ALLA PAOLO CONTE. JOVANOTTI HA FATTO DI
TESTA SUA, SENZA VOLER PIACERE A TUTTI: PER QUESTO PIACERA' A
TUTTI...
MEGAMIX: il
brano di apertura è tecno, con una base elettronica imponente e
dalle percussioni detonanti. Come il testo, percorso da una domanda
ossessiva: “E' questa la vita che sognavo da bambino?”.
TUTTO L'AMORE CHE HO: il
successo del singolo parla da sé. Un brano scintillante come un
pezzo dance anni 70, sinfonico e sintetico come una canzone dei Daft
Punk. Se Bach fosse nato negli anni 90 e avesse frequentato i club,
forse avrebbe scritto canzoni come questa...
LE TASCHE PIENE DI SASSI:
primo cambio di registro. Una ballata solo piano e archi in cui è
impossibile non leggere l'addio di Lorenzo a sua madre: “Mi hai
lasciato da solo davanti a scuola / mi vien da piangere / arriva
subito / mi riconosci ho le scarpe piene di passi / la faccia piena
di schiaffi / il cuore pieno di battiti / e gli occhi pieni di te”.
Eppure è un trionfo di serenità.
AMAMI: il
ritmo si alza di nuovo in uno dei brani più eleganti del disco,
sintesi perfetta tra dance e pop. Sensuale, ipnotico, morbido:
impossibile restare fermi.
ORA: il
ritmo si abbassa di nuovo in un rap che ricorda l'era d'oro del “trip
hop”, la musica elettronica nata a Bristol alla fine degli anni 90.
Ma quando arriva il ritornello si torna in Italia, dalle parti di
Battiato. E la melodia s'incolla addosso.
IL PIU' GRANDE SPETTACOLO DOPO IL BIG BANG:
esplosiva, saltellante,
divertentissima, prototipo di perfetta canzone pop. Cantata dal
Lorenzo di oggi, colpisce ancora di più. Sembra un gioco, ma non lo
è: forse è la miglior canzone d'amore deglil ultimi anni. “Il più
grande spettacolo dopo il big bang siamo noi / io e te / io e te”.
L'ELEMENTO UMANO: “noi
siamo l'elemento umano nella macchina / e siamo liberi sotto le
nuvole”. Ballata sospesa, intensa e piena di speranza, con un
finale alla Morricone. Bella anche la sambeggiante versione acustica
nell'edizione deluxe.
LA BELLA VITA (LA BELLE VIE): cambia
di nuovo tutto: armonie africane, ritmi calypso, strumenti etnici e
suoni elettronici da vecchio videogioco Atari. Un “alleggerimento”
in attesa della tempesta che sta arrivando...
BATTITI DI ALI DI FARFALLA: incursione
nel campo dell'hip hop. Un rap classico alla Jovanotti, se non fosse
per l'uso estroso dell'elettronica, tra campioni di vecchie suonerie
(Nokia?), esplosioni di bassi acidi e potentissimi, chitarre funk.
Partecipa Michael Franti, che già aveva affiancato Jovanotti in
“Safari”, l'ultimo album uscito nel 2008.
IO DANZO: si
torna nella dance per ballare su un tema di attualità: “Ci
ascoltano al telefono / ci guardano i satelliti / ci tracciano nel
traffico / controllano gli acquisti / ci rubano le password / ci
frugano nel bancomat...eppure non mi sono mai sentito così libero /
Perché io danzo / sulla frontiera”.
LA NOTTE DEI DESIDERI: altro
possibile singolo: pop sopraffino, elettronica leggera, ritmi
caraibici. Mette di buon umore.
QUANDO SARO' VECCHIO: questa
poi: irrompe il ritmo ska che accompagna un brano tra Paolo Conte e
Nicola Piovani. Divertente e sarcastico: per Jovanotti è un salto
siderale. Dimostra che ormai può permettersi tutto. C'è il fischio
di Alessandro Alessandroni, artista di tante colonne sonore di
spaghetti western.
UN'ILLUSIONE: altra
sorpresa: un tappeto elettronico e gli archi sostengono una lenta
ballata d'amore alla Tecno. E lo spessore dell'interpretazione
stupisce.
LA PORTA E' APERTA: non
si può abbassare la guardia: qui si viene ricatapultati nella dance
estrema, ai confini dell'industrial. Il testo però è troppo bello
per abbandonarsi al ritmo: “La tristezza è un ricatto / è il
delitto perfetto / che fa vittime più della peste / e non desta
sospetto”.
ROSSO D'EMOZIONE: ancora
elettronica, ma sempre diversa: ricorda certi esperimenti elettrofunk
alla Hancock degli anni 80. un mantra dal quale è difficile
liberarsi.
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